Gentiluomo in mare (prima a Roma)
di Herbert Clyde Lewis
con Maria Paiato
Un libro memorabile, e quasi perduto; sepolto per decenni, come il suo sfortunato autore newyorchese, Herbert Clyde Lewis (1909-50), morto stremato, solo e forse suicida.
La narrazione di un giorno, un’avventura in mare, l’ultima di Henry Preston Standish. Dall’alba al tramonto.
Proprio come in un parallelismo di perfetta poesia la metafora di un’intera vita si definisce tra un’alba, la nascita, e un tramonto, la morte.
Ma da dove fugge Standish? Dalla pena moderna del vivere. Egli soffre della malattia del puro rifiuto: «Non aveva voglia di mangiare, non aveva sete, non aveva brame sessuali, ne aveva abbastanza di alcol e nicotina. Non aveva voglia di fare ginnastica e di sicuro non aveva voglia di poltrire o dormire». La fuga da quell’inerzia si tramuta, beffardamente, in dramma e in farsa. Nella solitudine del nulla oceanico, la mente del naufrago è prodiga di rappresentazioni indulgenti, di nostalgie, di risentimenti e illusioni
In quell’immersione di vita, fisica e simbolica, il gentiluomo H.P.Standish dovrà venire progressivamente a patti con la propria fine. Perfetto epilogo di una perfetta poesia.
Un monologo denso e intenso, come solo l’acqua dell’oceano può diventare.