Il DAMS Music Festival nasce per collegare l’ambito della formazione universitaria al mondo delle istituzioni culturali e delle professioni musicali, con un approccio trasversale e transdisciplinare che trova eco anche nella tematica prescelta per questa seconda edizione: “Oltre i confini”.
Artisti affermati, esperti e giovani promesse si confrontano, accanto a ricercatori e docenti provenienti dalle università italiane, all’interno di spazi “misti” di discussione e di performance su temi e argomenti diversi: i confini tra testo e suono nel teatro musicale contemporaneo, tra musica e immagine nella cultura digitale, tra culture e linguaggi espressivi, tra musica classica e musica popolare, tra musiche di diverse matrici culturali ed etniche.
In particolare, il DAMS Music Festival intende costruire e rappresentare un’area interattiva tra le dimensioni della ricerca, della formazione e della creazione/produzione nel campo della musica, con particolare attenzione al mondo dei giovani, della scuola
e dell’università. In questa prospettiva è prevista anche la presentazione di un’indagine realizzata in collaborazione con ADUIM (Associazione Docenti Universitari Italiani di Musica) e dedicata alla posizione della musica nelle università italiane (progetto Networking University Music in Italy – www.neumi.it), con riferimento alle attività dei gruppi corali e strumentali (presenti tra l’altro nel programma del Festival) e alle iniziative di carattere musicologico.
Una narrazione con musica di Sergio Bonanzinga con
Mario incudine (voce, chitarra battente, mandolino e mandoloncello), Sergio Bonanzinga (chitarra barocca e chitarra acustica), Francesca Chimento (voce), Daniele Lo Dico (violino), Michele Piccione (percussioni, fiati e chitarra battente), Antonio Vasta (clavicembalo e fisarmonica).
Mise en espace
Mario Incudine e Sergio Bonanzinga
Il tarantismo era un rito officiato da cantori-suonatori specializzati nel guarire i “morsi delle tarantole”. Questa singolare sindrome colpiva soprattutto i contadini durante il periodo della mietitura, tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate. Il fenomeno ha avuto il suo epicentro nella Puglia salentina, ma è stato però presente, se pure con minore intensità, in tutta l’Italia meridionale, in alcune regioni della Spagna mediterranea e anche in Sicilia.
Dopo le grandi sbornie delle “Notti delle Tarante” salentine, il tema del tarantismo è stato rilanciato a livello mediatico, tanto da divenire un prestigioso brand per l’intero movimento artistico – e turistico – della Puglia, innescando una sorta di “febbre” imitativa un po’ in tutto il Meridione. Questo neo-tarantismo ha avuto comunque il merito di riportare l’attenzione anche sugli aspetti più specificamente scientifici, sia attraverso nuove indagini “di campo” sia mediante la riscoperta di molte fonti storiche poco note. È questo il caso del tarantismo siciliano, che conosciamo solo attraverso descrizioni, testi poetici e melodie disseminate lungo un arco temporale che va dalla metà del Seicento alla fine dell’Ottocento. Gli ultimi e ormai sporadici casi, testimoniati dai folkloristi tra il 1894 e il 1896, presentano tratti analoghi a quelli rilevati nel Salento fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Attraverso i suoni si “diagnosticava” il tipo di tarantola responsabile del morso: se il paziente guariva mentre veniva cullato al canto della ninnananna si trattava di taràntula nacalora, se si scatenava invece in una danza frenetica e liberatoria era taràntula bballirina. L’eco del tarantismo affiora tuttavia anche nei canti e nelle musiche trascritte su pentagramma nei primi del Novecento e audioregistrate, a partire dal 1950, nell’ambito della ricerca etnomusicologica moderna.
Questo spettacolo si può considerare la trasposizione scenica di uno studio pubblicato dallo stesso Sergio Bonanzinga (professore ordinario di etnomusicologia nell’Università di Palermo) e costituisce un inedito esempio di collaborazione fra un esponente del mondo accademico e chi invece il musico-teatrante lo fa di mestiere: Mario Incudine, Daniele Lo Dico, Antonio Vasta e Michele Piccione. L’esecuzione di canti e musiche strumentali raccordabili al tarantismo siciliano è illustrata dalla voce narrante di Francesca Chimento, che chiarisce la tipologia e il valore delle fonti utilizzate, eseguendo anche alcuni canti di più spiccata pertinenza femminile. Si tratta pertanto di un progetto che ha il pregio di intrattenere ma allo stesso tempo di comunicare aspetti finora pressoché ignorati dei riti musicali di tradizione popolare in Sicilia.
Un progetto della Fondazione Roma Tre Teatro Palladium e del DAMS dell’Università
Roma Tre (Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo)
Ideazione e direzione
Luca Aversano
Organizzazione
Alessandra De Luca, Roberta Incerti
Comunicazione
Fiorenza Gherardi De Candei (Ufficio Stampa), Elisabetta Sacripanti.