Una produzione di Cantiere Obraz | Teatro dell’Elce | Teatro Solare in collaborazione con Postop Teatro.
– Sabato 25 marzo ore 20.30
– Durata h1:55′
Il cappotto da N. V. Gogol drammaturgia e regia Alessio Bergamo con Angelica Azzellini, Alessandra Comanducci, Domenico Cucinotta, Massimiliano Cutrera, Erik Haglund e Stefano Parigi. Scenografie e costumi Thomas Harris, aiuto regia Michela Cioni, assistente alla scenografia Antonella Longhitano, organizzazione Paolo Ciotti e Erik Haglund.
Alla base dello spettacolo c’è la storia narrata da Gogol’ nel Il cappotto. Noi la vediamo come la storia di una città X. La vita dei suoi abitanti è segnata da un’etica di potere predatoria ed emulativa che produce comportamenti e logiche assurde, surreali. In questa società vive un elemento estraneo a quei pattern comportamentali e quindi marginale. Si tratta di Akakij Akakevich. Acachi fu Acachi (nome buffo ma nobile, dal greco “privo-di-male”) è una sorta di santo- impiegato-eremita nelle cui mani le misere pratiche di ufficio diventano piccole opere d’arte (di grafia, nel racconto; nello spettacolo sarà differente). Tra il mondo fatto di cura e di grazia (ma anche di goffaggine, afasia e squallore della persona) in cui Acachi è auto rinchiuso e quello predatorio ma elegante che lo circonda c’è estraneità, incompatibilità. Quando Acachi si libererà della sua lisa palandrana e acquisirà un nuovo Cappotto i colleghi vi vedranno, sbagliando, un tentativo di adeguamento ai costumi collettivi. La sua marginalità, il suo isola mento sembreranno superati. Ma alla prima occasione la città lascerà Acachi solo, prima permettendo che degli spettrali ladri lo aggrediscano e gli rubino il cappotto e poi non aiutandolo a ritrovarlo. Acachi ne morrà… Ma risorgerà e ricomparirà per le strade della città in quanto terribile vindice spettro-ladro-di-cappotti. Soprattutto di cappotti “altolocati”.
Questo lo scheletro drammatico del progetto, che attingerà a piene mani, rielaborandolo ampiamente, all’immaginario fantastico e surreale del racconto, mettendo in relazione, senza banali attualizzazioni, il portato di senso di quel classico con l’oggi. L’approccio creativo è fondato sull’insegnamento metodologico ed estetico che viene dalla scuola russa e lo meticcia con la sensibilità culturale nostrana, sviluppando così un linguaggio scenico che, pur avendo la capacità di emanciparsi dal realismo, protegge e promuove l’organicità, la semplicità, la leggibilità della performance dell’attore assieme al suo presentarsi in scena sempre e semplicemente come un attore che gioca con altri attori e col pubblico Altro aspetto raro nel panorama italiano è la presenza di un ensemble di attori che collabora da 5 anni sullo stesso materiale e che ha sviluppato un livello di intesa, coesione e capacità di improvvisare molto forti. Prodotto da “Cantiere Obraz” e da “Teatro dell’Elce” e con l’apporto di “Postop Teatro” IL Cappotto è la prosecuzione artistica del progetto gogoliano Appunti di un pazzo (2015-2018, prodotto prima da Cantiere Obraz, Teatro dell’Elce e Postop, con la co-produzione di Armunia (debutto dicembre 2016) e poi rilevato dal Teatro della Toscana e conclusosi con 10 repliche al Teatro Studio Mila Pieralli (marzo 2018]). Il percorso che ha portato alla produzione de Il Cappotto ha coinvolto diverse realtà artistiche che hanno offerto supporto al progetto attraverso l’ospitalità e il finanziamento delle spese di residenza. Tra queste, in ordine cronologico: Vera Stasi – Tuscania; Armunia – Rosignano; Catalyst – Barberino di Mugello; Teatro del Cestello – Firenze; Kilowatt – San sepolcro.
Con il sostegno di REGIONE TOSCANA CENTRO DI RESIDENZA DELLA TOSCANA (Armunia Castiglioncello – Capotrave/Kilowatt Sansepolcro) CATALYST nell’ambito del progetto “Residenze” Art. 43 – Mic e Regione Toscana VERA STASI Tuscania “Danza/Progetti per la scena 2020” TEATRO DI CESTELLO Firenze