Una stella danzante

M. Ravel: Ma Mère l’Oye (versione per orchestra da camera di Iain Farrington) con la coreografia di Leonardo Maietto.
Danzatori VIVO Center Roma, Roma Tre Orchestra, Sieva Borzak, direttore.

Ippolito | La chambre magique & Conservatorio di Frosinone.

Ippolito di Euripide nella nuova traduzione dal greco di Michele Napolitano, con la regia di Michele Suozzo.
Ippolito è la prima tragedia pervenutaci sulla passione di Fedra per il figliastro Ippolito. Fedra qui si uccide accusandolo. Ippolito, che muore colpito dalla maledizione paterna, viene scagionato dalla dea Artemide. Lo spettacolo è frutto della collaborazione tra il gruppo La chambre magique e il Conservatorio di Frosinone.
Darà l’opportunità di assistere s una tragedia greca con gli stupendi cori cantati e “agiti” con musiche e coreografie appositamente composte. Autori delle musiche, studenti della classe di composizione del Maestro Luca Salvadori, del Conservatorio di Frosinone: Giorgio Astrei, Antonino Caracò, Ruben Doda, Massimiliano Piscitello, Lorenzo Sorgi.

Los perros – Led Silhouette | If you were a man – Spellbound Contemporary Ballet

I nativi digitali stanno assistendo a uno scenario instabile e convulso che pone loro (e noi) di fronte a un processo di disumanizzazione e isolamento, che trova la soluzione più vincente in schermature individuali e creazioni di identità differenziate. La contemporaneità devasta i corpi fragili, che dibattono tra la possibilità della ribellione o la docilità. In questa contraddizione, che è una lotta costante e incerta, sorge il bisogno della comprensione, dell’empatia, della compassione e dell’amore come risorsa urgente. Los Perros propone di raggiungere uno stato di resistenza; come cani che vagano, cani che si ritrovano, che si riconoscono vulnerabili, che condividono gioia, ma anche dolore, che cadono e si rialzano, che danzano, che si ribellano attraverso l’amore, la generosità e l’impegno, per trovare in quel cammino comune il senso della propria vita, per superare insieme violenza e degrado. Il dispiegamento di una danza appassionata che trova il suo significato più puro nella ripetizione e nella catarsi: danza fino allo sfinimento, abbaia fino allo sconforto, vivi fino allo sfinimento. La storia dell’uomo che si contempla nell’altro per ritrovarsi. Due uomini abbracciati. Due uomini che danzano finché tutto finisce e tutto ricomincia.

If you were a man è uno studio per quattro uomini su una profonda riprogrammazione dell’ascolto. Se i suoni prodotti dai movimenti, dai respiri, potessero sempre essere decodificati in tempo utile alcune cose potrebbero essere evitate, potrebbero non accadere e si potrebbe imparare ad ascoltare efficacemente un corpo che non parla. La meraviglia di un dialogo silenzioso porta con sé risultati inaspettati, anche i piccoli rumori e le strategie del corpo possono dichiarare in anticipo un imminente conflitto. Il rifiuto, il sospetto, la diffidenza, l’amore o la paura, non sempre sono comunicati in tempo utile per poter intervenire, per poter accogliere un’informazione preziosa sugli altri.

In Girum imus nocte et consumimur igni | Aldes

Uno scabro bianco e nero e una musica ipnotica sono l’ambiente nel quale si inanellano le micro narrazioni di questo peripatetico spettacolo notturno a cavallo fra cinema, danza e teatro. Illuminato dalla fredda luce di un video proiettore che scandisce spazi, tempi e geometrie, il nero profondo dei costumi rende diafani i personaggi e li proietta in un passato senza tempo abitato da un’umanità allo sbando che avanza e si dibatte con una gestualità brusca, emotiva e scomposta, oltre lo sfinimento; mentre il ritmo martellante trasporta poco a poco in una dimensione ipnotica e ad un’empatia quasi fisica con la fatica degli interpreti. ”In girum imus nocte et consumimur igni”, “Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco”, enigmatico palindromo latino dalle origini incerte che già fu scelto come titolo da Guy Debord per un famoso film del 1978, va così oltre la sua possibile interpretazione di metafora del vivere come infinito consumarsi nei desideri, per diventare un’esperienza catartica della sua, anche comica, grottesca fatica.

Un Poyo Rojo | Poyo Rojo

Uno spettacolo esplosivo, che unisce comicità e commozione, combinando teatro, danza e acrobatica e che ha superato le 1400 repliche in diversi continenti. Nello spogliatoio di una palestra due uomini si affrontano, quasi due galli da combattimento, si scrutano, si squadrano, si provocano, si seducono. È una provocazione, un invito a ridere di noi stessi esplorando tutto il ventaglio delle possibilità fisiche e spirituali dell’essere umano. Un Poyo Rojo è uno “spettacolo fenomeno”: creato nella periferia di Buenos Aires nel 2008, da allora va in scena senza interruzione in gran parte del mondo. Presentato in oltre 30 paesi, con una media 120 rappresentazioni all’anno, gode di un entusiasmo internazionale che non cala con il passare degli anni. È nato in un momento nel quale era in esame un progetto di legge per la legalizzazione del matrimonio omosessuale in Argentina. All’epoca la società era fortemente divisa, animata da dibattiti appassionati, in forte contraddittorio anche violento. Da subito lo spettacolo viene recepito come una opposizione a ogni forma di costrizione da parte di una società benpensante. La libertà estetica e narrativa del lavoro è ragione dell’entusiasmo internazionale che esso suscita e continua a suscitare.

Dystopia | Poyo Rojo

Uno spettacolo che è stato immaginato lungo le strade, negli aeroporti, nelle stazioni, nelle camere d’albergo. Due giornalisti di un programma di informazione televisivo, brillanti e amichevoli, parlano di un mondo fantastico, privo di conflitti e opposizioni, un mondo asettico, nel quale ogni tentativo di pensare viene neutralizzato da un generale consenso ovattato. Una realtà “perfetta”, ma incompleta, tanto da divenire spaventosa. L’atmosfera ricorda il mondo dolciastro e ansiogeno del film Truman Show di Peter Weir. In Dystopia tutti disprezzano la proprietà privata, ma lavorano segretamente per conservarla. Tutti odiano i soldi, ma una volta ottenuti, nessuno li regala. Tutti detestano la religione, ma abbracciano i propri dogmi inventati giorno dopo giorno. Tutti ignorano la politica, ma non fanno altro che votare per gli stessi leader che si alternano al potere. Un luogo in cui l’intolleranza non è ammessa, tranne l’intolleranza agli intolleranti. E dal centro di questo luogo terrificante, un’invisibile torre d’avorio “protegge” tutta la sua popolazione. Hermes Gaido, Alfonso Baron, Luciano Rosso/ Poyo Rojo (Argentina- Francia) (Prima regionale)

Satiri | Compagnia Virgilio Sieni

Satiri è la nuova produzione della Compagnia Virgilio Sieni che vede in scena i due danzatori Jari Boldrini e Maurizio Giunti accompagnati dalla musica di Johann Sebastian Bach eseguita dal vivo al violoncello da Naomi Berrill. Il Satiro, come ci dice Nietzsche ne La nascita della Tragedia (1872) e per richiamo sapienzale Giorgio Colli ne La nascita della filosofia (1975), potrebbe essere colui che getta lo sguardo nell’abisso dicendo sì alla vita. I due danzatori sono contagiati dall’interno, investiti dalla contemplazione rivolta al gesto simile, adiacente, simmetrico che si apre a una disposizione musicale. Le danze segnano lo spazio della materia inebriante che parla con il corpo. Danze sulla soglia segnano lo spazio, forme di intesa e empatia che esplodono tra dionisiaco e apollineo. Il gesto sottrae al quotidiano quelle posture che poi tornano sotto forma di un’altra lingua, di corpo che trascolora e, come una nebulosa auratica, si confonde tra lontananza e vicinanza e opera secondo un’attenzione rivolta alla tattilità spaziale che ci comprende.

Doppelgänger | Compagnia Abbondanza/Bertoni

Il doppio, la dualità come differenza, l’opposto che dà origine al mistero: questo lavoro parla e dà forma soprattutto all’incontro tra i corpi dei due interpreti, Francesco Mastrocinque, attore con disabilità, appartenente all’esperienza del Laboratorio Permanente di Nerval Teatro e Filippo Porro, danzatore. Il progetto presenta anche la “prima volta” di una collaborazione tra due nuclei artistici differenti, che si incontrano nel solco tra arte e diversità, portando reciprocamente la propria esperienza e poetica della scena che, pur nella lontananza del segno, si alimenta e sviluppa attraverso la medesima sensibilità e passione. Un ossimoro in danza, un tentativo di svelare, tra sapiente ignoranza e disarmonica bellezza, il doppio viso della sfinge: due corpi diversi che cercano sulla scena l’origine della possibilità di esistere, una dirompente vitalità e un candore disarmante, attraverso l’astrazione della realtà che diventa visione. Due corpi uguali che si riconoscono e non smettono l’abbraccio, il mandala, la cellula che li lega. Due esseri primi, primati, ai loro primi passi; tra evoluzione e involuzione, scelgono l’inesistente “voluzione”: uno stare vicini senza l’andare. Senza il destino forzoso del crescere e del diminuire. Un percorso di gesti, sguardi; piccole, grandi tenerezze; beffardi e spietati tradimenti. Sempre in un precario equilibrio: funamboli, sospesi tra vita e morte, tra ascesi e caduta. Nel mezzo: le loro forme, colte nella fragilità dell’inestinguibile enigma della sospensione.