Personaggi: L’Uomo in frac, tenore – La Giovane Signora, soprano . Un cameriere, attore muto
Ensemble strumentale: flauto (anche ottavino), clarinetto (anche clarinetto basso), corno, percussione, arpa, violino, viola, violoncello.
Roberto Jachini Virgili – L’uomo in frac
Elisa Cenni – La giovane signora
Graziano Sirci – Un cameriere
Ensemble In Canto
Fabio Maestri – direttore
Denis Krief – regia e impianto scenico
Produzione Associazione In Canto 2022
La trama in sintesi
Una camera, o forse, un salotto dove una Giovane Signora dorme su un letto, che, forse, è un divano; a destra, uno specchio, che sembra la finestra che vi è riflessa. Ogni cosa si distingue appena, tutto appare ambiguo, per la debole luce che illumina la scena (luce fioca da un lume sul tappetino verde davanti al divano, poi luce rosea dei tre globi in alto). La Giovane Signora sogna l’Uomo in Frak, che le compare deformandosi, minaccioso: le grida la sua passione, teme di non essere più amato; lei lo rassicura, debolmente; rievocano insieme la scena del loro primo incontro, ad una festa. Viene citato nel dialogo un vezzo di perle, che lei avrebbe desiderato in dono, e per il quale lui si è rovinato barando al gioco. L’Uomo, in preda alla gelosia verso un supposto amante più ricco di lui, cerca di strangolarla, e a quel punto Lei si risveglia dall’incubo. Bussano alla porta, il cameriere consegna un pacchetto: è il vezzo di perle che il nuovo amante ricco le fa recapitare. La Signora è ancora frastornata dall’incubo, ma non può fare a meno di provarsi il vezzo allo specchio. Bussano di nuovo, e il cameriere annuncia l’arrivo dell’Uomo in Frak, vestito però da pomeriggio. Conversano, con calma. Lui racconta di aver vinto molto al gioco e di aver provato ad acquistare il vezzo, ma di non averlo più trovato dal gioielliere. Imbarazzata, lei non rivela di averlo già ricevuto. Viene servito il tè: “Latte o limone?” “Latte, grazie”. Cala il sipario.
Il carattere
“Sogno (ma forse no) trova il suo motivo d’interesse assai più nella struttura che nella tematica: come esempio di un testo legato in misura strettissima al disegno della messinscena; che, del resto, sembra forzare i limiti del teatro per invocare le risorse di altri strumenti espressivi, essenzialmente il cinema, il quale proprio in quegli anni attraversava il delicato momento di passaggio dal muto al sonoro, ma aveva ormai ben consolidato le potenzialità di una libera dinamica spazio-temporale offertagli dal montaggio” (Aggeo Savioli, 1986). Nel 1993 Walter Pagliaro mette in scena la commedia, pensando agli interessi cinematografici che Pirandello aveva in quegli anni e alle suggestioni della Berlino dove abitava, ed anche al balletto La Salamandra con musiche di Bontempelli: “il Sogno è un po’ il riflesso, involontario ma singolare, di una serie di lampi che nella testa frenetica di Pirandello si accendevano ad un ritmo incredibile”. “Sogno potrebbe fare invidia a Pinter per i suoi dialoghi tutti fondati sul non detto, culminanti nelle due famose battute finali: “Latte o limone?” “Latte, grazie”. (Masolino D’Amico).
L’opera
Dal punto di vista drammaturgico, gli autori del libretto hanno lasciato pressoché intatta la struttura della commedia originale, limitandosi ad un lavoro di alleggerimento dei dialoghi, in funzione della nuova veste musicale e vocale del lavoro, e di un certo ammodernamento delle intenzioni che animano i due protagonisti della vicenda, in modo da renderle più vicine al sentire di oggi. La figura del Cameriere, pur restando un ruolo muto, si è arricchita di qualche azione non prevista dal copione originario, che la porta a intrattenere con la Giovane Signora un rapporto più ricco di sfaccettature. La sfida della musica è quella di ben illuminare, connotandole inequivocabilmente, le due facce del racconto, il sogno e la realtà, dominando la prima i tre quarti della pièce, e riservandosi la seconda il compito di riguardare i fatti, cui si era fino ad allora assistito, sotto una luce completamente diversa, appunto quella di una ‘realtà’ ambigua e soggetta ai diversi punti di vista di Lei e di Lui. Per Pirandello è troppo forte la tentazione di domandarsi se quest’ultima sia la ‘vera’ luce in cui inquadrare fatti e personaggi, e anche gli autori dell’opera hanno ceduto a questa tentazione.
“Seduzione, gelosia, tradimento, disagio, l’incubo di una violenza subita. Con esemplare geometria drammaturgica Pirandello ci guida all’interno delle dinamiche universali del rapporto di coppia, restando sul crinale sottile, e per lui determinante, che separa realtà e immaginazione, la lucida veglia e lo stato onirico. Sigmund Freud avrebbe molto amato questa commedia. Gli interventi sul testo originale sono stati essenziali, mirati ad offrire a Matteo D’Amico una sequenza lessicale funzionale al canto e all’azione scenica. Sapendo che non una parola verrà sprecata o ignorata ed è questa sua peculiare qualità compositiva che rende per me entusiasmante scrivere un libretto per lui. Ritornare a collaborare con Denis Krief e la sua capacità introspettiva, così attenta alle dinamiche musicali e sceniche, è un ulteriore motivo di soddisfazione. Di attesa.” (Sandro Cappelletto)
“Anche in un contesto, come quello odierno, animato dalle esperienze più diverse di teatro musicale sperimentale, ho sempre prediletto l’impostazione tradizionale della forma operistica, quella basata, fin dai suoi albori, sulla presenza forte di un’azione drammatica guidata dalla musica e dal canto, dalla loro capacità di costruire e plasmare personaggi e situazioni. Per questo, in più di trent’anni di attività, mi sono spesso servito di antecedenti legati alla letteratura e al teatro di prosa. Quest’ultima mia fatica operistica non sfugge a questa prassi, e segna il mio primo incontro ‘operistico’ con il teatro di Luigi Pirandello, che, grazie a una lunga frequentazione dei suoi testi come autore di musiche di scena, sento molto vicino. Ho scelto un testo fra i meno noti del drammaturgo siciliano, Sogno (ma forse no), raramente rappresentato, ma molto amato dagli ‘specialisti’ del settore per il suo discostarsi, almeno in parte, dai temi e dai toni più usuali di Pirandello. È una commedia sottile, ambigua – l’ambiguità del sogno, o, per meglio dire, dell’incubo – un giuoco a due fra un Lui e una Lei, condotto sul filo del rasoio di dialoghi dentro ai quali la musica vuole ritagliarsi con sfrontatezza i suoi spazi, pur nel rispetto del loro ritmo stringente.
È la seconda volta che, insieme a Sandro Cappelletto, affrontiamo il tema della coppia, dopo la fortunata esperienza di Dannata epicurea del 2004, prodotta dal Teatro Massimo di Palermo e poi ripresa a Terni per Opera In Canto. Anche allora protagonista era una coppia, alle prese con il logorarsi progressivo di un rapporto nato e cresciuto nella banalità soffocante di un ambiente sociale, quello di oggi, a corto di ogni tipo di valori. Qui l’ambientazione è neutra, potrebbe essere quella degli anni in cui fu scritta la commedia (1930), ma anche no: i personaggi di Pirandello sono i protagonisti in alto rilievo di una breve vicenda, qualche ora, non di più: un sogno pomeridiano, un incubo, il risveglio, il ritrovarsi di nuovo in quella realtà, tutta finzione e compromessi, da cui si era usciti. Ma stavolta questa realtà, diversamente da quanto accade in tanti altri drammi pirandelliani, è un ‘giuoco delle parti’ accettato con sorridente distacco.” (Matteo D’Amico)